Quanto ci piacerebbe affidare a Federico II di Svevia, nipote del noto “Barbarossa”, o forse al suo prode consigliere Di Lauro, conte di Caserta, la guida della città e, perché no, del Bel Paese per restituire alla politica attuale un briciolo di credibilità e di decenza. Ai rassegnati resta se non altro la memoria dello scintillante operato amministrativo degli Svevi, così come trasuda dalle imponenti mura medievali del Borgo di Casertavecchia. Federico II di Svevia, principe di Capua, incarna senza dubbio la figura del politico colto e responsabile che i casertani e gli italiani vorrebbero alla loro guida, la cui eredità è stata raccolta degnamente dal tempo solo pochissime volte. Difatti, la lucidità disarmante con cui l’imperatore imponeva la centralità dello Stato a presidio dell’economia, preservandola dall’usura e dalla incompetenza dei suoi funzionari, seppur con rare sbavature, non aveva certo bisogno di futile pubblicità per essere apprezzata e, ad oggi, è più unica che rara. Quale bisogno avrebbe allora un amministratore dinamico ed efficiente come l’imperatore suddetto o i suoi attivi consulenti di inondare, come si adopera attualmente lo staff ingaggiato dal sindaco di Caserta, la posta elettronica di cittadini, contribuenti, istituzioni culturali, uffici e popolari università di Caserta con informative sull’operato del primo cittadino giudicate pleonastiche, mendaci, propagandistiche e a dir poco ridondanti, dagli stessi destinatari esasperati che lamentano simili incursioni? Lo staff succitato al soldo del primo cittadino, a quanto emerge dalla lettura delle predette comunicazioni di posta elettronica rivolte ai sempre più infastiditi cittadini, si perderebbe in proposizioni prolisse, inconcludenti, stucchevoli e sconnesse che non sortiscono altro effetto che le lamentele dei malcapitati riceventi, costretti quotidianamente a cestinare fino allo spasmo le sgraditissime missive comunali onde evitare inutili congestioni e dannosi intralci alle proprie attività di corrispondenza lavorativa. Quanto denunciato, così come viene documentato allo scrivente e riportato all’attenzione pubblica, si potrebbe configurare come una delle tante manifestazioni di frustrante invasività governativa che i cittadini paganti devono oggigiorno tollerare supinamente, unitamente alla decadenza del territorio in cui lavorano, per nulla riqualificato dai proclami amministrativi, debordanti solo di mistificazione giuridica, appariscenza e ambiguità formale. Ma per chi rammenta la più che divulgata sanzione disciplinare, inflitta di recente ad un dipendente della Provincia di Caserta, noto esponente locale ed ex segretario provinciale del PD di Roccamonfina, che lo condannava a rinunciare a ben 5 mesi di stipendio per essersi ripetutamente allontanato dal posto di lavoro a spese della comunità, c’è anche di peggio. Ed è sempre farina del sacco del PD. Lo stesso PD che come il PDL vuole emergere a tutti i costi con casacche più o meno riattate, contando su figure giovani solo per l’anagrafe e, soprattutto, sulle sagome sinistre di vecchi marpioni e maliarde navigate che popolano di norma lo zoo istituzionale italiano, manovrandolo dietro le quinte. Non è un caso che in tempi di calo verticale e diffuso dei consensi sia proprio il PD, come riferiscono le maggiori agenzie e le inchieste affidate al saggio Berlinguer, a produrre una politica di tesseramento dubbia e opaca in moltissime province italiane come Asti e Caserta, fino al punto di rendere indispensabili censure e revisioni ufficiali. Pensiamo a quale sia stata l’eredità morale, civile, politica e culturale che Svevi e Normanni trasmisero strenuamente a Caserta e al suo ameno Borgo medievale e ci disgusta, con nausea e repulsione, gente come l’assessore regionale emiliano del PD Thomas Casadei, il quale nella nota spese dei suoi rimborsi, gravanti esclusivamente sui cittadini contribuenti (vale sempre la pena ricordarlo ai finti progressisti che confondono il proprio risentimento col populismo), ha presentato il costo dei suoi “bisogni corporali”. Il votato personaggio politico in oggetto, che auspichiamo per le nostre tasche non debba mai soffrire di incontinenza urinaria o viscerale, ha avuto la deprecabile cura e il barbaro coraggio di inserire nel resoconto delle spese rimborsabili, due scontrini da 50 centesimi di euro ciascuno, rilasciati dalle toilettes della stazione FS di Parma in seguito all’utilizzo dei servizi igienici. All’amara realtà occorre aggiungere davvero poche ma sentite e condivise considerazioni. Sforzandoci di frugare con certosina pazienza e meticolosa perizia nella Storia non riusciremmo ad intercettare tanto ribrezzo neppure fra gli Unni, in qualche modo degni di nota e citazione. Dunque non ci imbarazza per niente serbare grata memoria agli istituti teutonici che a Casa Hirta come nel meridione d’Italia riuscirono ad essere più persuasivi ed edificanti di quelli attuali, senza l’ausilio di internet, di camicie inamidate e dell’ Unione Europea. Ebbene si, la tanto sbandierata Europa di cui tutti si vantano e nessuno si sente effettivamente parte, tanto è il caos che ne detta regole, forme ed eccezioni. E’ appena stata diramata la notizia che conferma il coinvolgimento degli organismi comunitari in latrocini efferati ed esecrabili perpetrati sulla ricostruzione dell’Aquila dopo il devastante terremoto di qualche anno fa. Tra appalti e subappalti gestiti allegramente ci sono voluti oltre 4 milioni di euro in più di quanto previsto per la riedificazione, sottratti ai soccorsi con il beneplacito della Commissione Europa e dei suoi camaleontici emissari impomatati che hanno avidamente trangugiato denari pubblici come l’acqua che lava le loro cangianti facce di bronzo bisunto.
Nando Silvestri